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E si ritrovarono lì, tutte e tre, sedute in quel rumoroso caffè di Los Olivos, California, con il loro fumante caffè Starbucks davanti alla punta fredda dei loro nasi all'insù. Avevano deciso di andare in California a gennaio per risparmiare sulle spese di viaggio e verso sera la temperatura nella Valley tendeva a calare un bel po’. Arianna, detta Ari, si guardava attentamente intorno, alla ricerca di una buona idea per scrivere un articolo sul viaggio nel suo blog dedicato alla grande star Michael Jackson. Selena, detta Sele, tirava su dalla sua cannuccia colorata, il mezzo caffè mezzo frappè che aveva ordinato e che in Italia non avrebbe bevuto neanche sotto tortura. Silvia invece detta Silvietta, era lì lì per trascinare le sue compagne di viaggio e amiche da una vita, nella più folle delle sue imprese. Da che erano piccole Silvia era quella che aveva le idee più assurde ed estreme di tutto il gruppo e possedeva lo strano potere di riuscire a farsi seguire sempre dalle sue amiche. Silvia guardò fuori dalla vetrina del caffè, il sole stava tramontando in tutta la sua bellezza, si trovavano esattamente a 5 chilometri dal ranch di Michael Jackson che tutto il mondo conosceva come Neverland, stava per aprire la bocca, che subito Sele le disse interrompendola:
"No! Tanto già lo so cosa vuoi dire, ormai è tardi e siamo stanche, prima di partire domani, faremo un’altra visita al cancello del ranch, tanto ormai adesso che andiamo a fare è buio fra poco e poi alla fine è solo un cancello." A quella parola, buio, Silvia alzò lo sguardo dal suo caffè modello bibitone americano imbevibile e la fissò. Sele conosceva bene quello sguardo, quella scintilla e subito si affrettò a sottolineare con un plateale gesto della mano, la sua non partecipazione a qualsiasi cosa stesse frullando nella testolina della sua amica, ma quello che disse Silvia la lasciò senza parole ed attirò immediatamente l'attenzione di Ari:

"Prima vi ho detto che chiamavo mia madre, non era vero" Sele la guardò come a dire che lei ci aveva giurato, Ari fece due occhi più grandi di quelli di Bambi e le chiese:
"E allora? Con chi parlavi?" Silvia si passò una mano fra i capelli e spostò definitivamente il caffè dal suo viso:
"Prima di partire per l'America mi sono messa in contatto con un gruppo di persone che entrano dentro Neverland di notte, credevo che fosse solo una leggenda metropolitana, ma invece questo gruppo esiste davvero." Le due ragazze rimasero in silenzio a fissarla:
"Ok parla" Disse Ari molto presa, mentre Sele scuoteva la testa, Silvia continuò:

"Ci aspettano tra un ora sul lato nord del ranch per entrare con loro, dobbiamo portare 100 dollari, un GPS se ci dovessimo perdere e una torcia, scarpe comode…" disse scoppiando a ridere ripensando ad Ari che era salita su per la statua della libertà con i tacchi. Le ragazze ora non ridevano più, ciò che stava dicendo Silvia era veramente incredibile. Non erano mica sceme, anche loro sapevano che qualcuno entrava di nascosto a Neverland, ma non immaginavano davvero che Silvia sarebbe riuscita a contattarli. E' un giro molto ristretto quello, anche perchè se si viene presi, si rischiano anni di galera nella migliore ipotesi, nella peggiore essere gambizzati dal servizio di sicurezza. Ma stavano parlando di Neverland, mica di un posto qualunque. Silvia paga il conto e le guarda:
"Ora o mai più" con un solo sguardo furono immediatamente tutte d'accordo e si alzarono dal tavolo con il cuore in gola dirigendosi alla macchina a noleggio presa per il viaggio, senza accorgersi che il GPS era rimasto fra i bicchieroni alti dello strano caffè tanto in voga in tutto il mondo. Quando furono in auto sulla strada per il ranch, Ari chiese a Silvia:
"Sei sicura che sono brave persone?" Silvia la guardò con sincerità:
"Non so che dirti ma è da quando ho 8 anni che desidero entrare lì dentro e non vorrei proprio tirarmi indietro adesso". In auto calò il silenzio. Sorpassarono il viale del primo cancello, davanti non c'era quasi più nessuno e continuarono dritto costeggiando sul lato destro la proprietà in tutta la sua lunghezza. Silvia guidava, era molto decisa nello scegliere le strade, Sele la guardò pensando che sapeva bene cosa stesse facendo e conoscendola aveva architettato e studiato tutto prima di partire, era chiaro che non era una cosa organizzata all'ultimo minuto, questo la rendeva più tranquilla ora, l'unica incognita erano quelli che le aspettavano sul lato nord dalla parte dello zoo. Accostarono la macchina al buio e scesero, da un’altra auto scesero due tizi in giacca antivento e scarpe da ginnastica:

"Siete voi le italiane?" chiese il tipo biondo e più alto:
"Si" Rispose secca Silvia senza troppi convenevoli;
"Ok si va" disse il tipo scavalcando come se non esistesse la staccionata, dove campeggiava il cartello che se veniva oltrepassata gli uomini della sicurezza avrebbero sparato a chiunque. Le ragazze scavalcarono anche loro senza farselo dire due volte e non si accorsero che nel frattempo il secondo tizio era tornato in macchina, nel buio quasi totale, il ragazzo disse a Silvia illuminandola con la torcia:
"Dammi i soldi" Silvia a quella richiesta fece una smorfia:
"Non te li posso dare a giro finito?" lui scoppiò in una risata anche troppo fragorosa per essere uno che faceva una cosa illegale e la doveva fare di nascosto.
"Tesoro, queste visite non si sa mai come vanno a finire, una volta sono dovuto rimanere a dormire là dentro, quindi i soldi subito o ognuno a casa sua" Silvia costretta, gli allungò il biglietto da 100 dollari e nell'esatto momento in cui il tizio li prese i fari dell'auto parcheggiata si accesero. Nella sorpresa più totale, il ragazzo scattò verso l'auto saltando al volo la staccionata appena oltrepassata e salutandolo rumorosamente con un:
"Non tentate di correrci dietro perchè vi abbiamo bucato una ruota" ridendo mentre si allontanavano. Ari rimase accanto ad un cespuglio guardandosi intorno, Sele stava per sbraitare ma Silvia la interrupe:
"Ormai siamo qui, togliamoci da vicino alla strada intanto, entriamo, cazzo questa è NEVERLAND MA QUANDO CI RICAPITA" Effettivamente si vive una volta sola e le ragazze piano piano cominciarono ad addentrarsi tra gli ulivi e le colline. Quando furono abbastanza lontane dalla strada, Silvia cacciò una di quelle imprecazioni che avrebbero fatto arricciare anche le orecchie di un camionista prossimo alla pensione e poi aggiunse:
"Ho perso il GPS, non so dove ma qui ho solo la torcia" disse frugando ancora nella borsa ma senza risultato. Ari cominciò a lamentarsi:

"Maledizione come facciamo, qua si rischia l'arresto e la pelle" subito Sele aggiunse:
"Ha ragione ora cosa facciamo ormai siamo dentro" Silvia che nei guai ti trascinava e dai guai ti liberava, così disse in un lampo di genio:
"So quella mappa a memoria spostiamoci verso destra e proseguiamo sempre dritte, incontreremo le rotaie che costeggiano tutto il lato sinistro della proprietà e se le percorriamo tutte, arriviamo dritte dritte alla stazione. Da lì si scende la scalinata con l'orologio floreale e ci si trova proprio davanti alla sua abitazione, dai che lo sapete che ho ragione."

Anche loro sapevano a memoria la cartina di Neverland e non poterono fare a meno di darle ragione. Si misero vicine e la loro avventura cominciò. Dopo circa 30 minuti di cammino, Ari vide il luccichio delle rotai metalliche a terra:
"Hei ecco il treno!" si commossero a pensare al mare di foto che avevano visto di Michael in cima a quel trenino colorato, trovato sotto dieci metri di neve nel Montana:
"Fate attenzione a dove mettete i piedi" disse Silvia estremamente emozionata, aveva desiderato quel momento tutta la vita e ora finalmente era arrivato.

"Guardate!" esclamò Silvia indicando alla loro sinistra, stavano passando proprio per lo zoo, non c'era più neanche l'odore di quello che era stato un tempo, le vasche dell'acqua erano vuote, un gufo emise un verso fortissimo, Ari urlò dietro di lui, Sele scoppiò a ridere e a Silvia cadde la torcia che si fermò a raccogliere. Camminando arrivarono alla zona delle giostre, ma ormai anche lì non c'era più nulla, non cera più lo splendido giardino, le rocce dalle quali usciva la musica, non c'era più nulla, che tristezza che inquietudine trasmetteva ora quel luogo freddo e buio. Ed ecco la stazione, l'orologio ormai spento e secco, incredibile il declino che questo luogo aveva avuto in poco tempo, con tutto che era stata la casa di uno dei più amati cantanti pop del mondo. In silenzio scesero la scalinata e intravidero quello che restava del palazzo del cinema, sembrava ci fosse stata la guerra mondiale. Mentre attraversavano il giardino si fermarono finalmente davanti alla casa e la guardarono come se non l'avessero mai vista prima. Ari e Sele erano totalmente pietrificate, l'avevano vista tante volte ma mai da così vicino. Sele percepisce un movimento in alto e alza lo sguardo, vede una mano che chiude lunghe tende bianche, lo dice terrorizzata a Silvia che le risponde:
"Ormai ci siamo, entriamo" le ragazze la seguirono con coraggio. Silvia si mette davanti alla porta a vetri, Ari e Sele subito dietro a proteggerla,la mano di lei tocca la maniglia fredda mentre le tre ragazze si guardano, quanto tempo avevano passato ad osservare le foto di quella casa? Tutta una vita era la risposta. L'espressione sbalordita del viso di Silvia  sottolineare che la maniglia non le resiste e la porta si apre. Sono dentro, la cucina è vuota ed enorme, Ari apre subito il frigo per vedere se la casa è abitata ma ovviamente è spento, pulito e vuoto. Ovvio, la casa ormai è disabitata da molto tempo chi volete che lo usi? Poi un rumore che nel vuoto rimbomba, sembrano quasi dei passi, odore di resina che leggermente arde, Silvia le fa cenno di proseguire, ha le pupille dilatate di chi ha visto chissà cosa, quando si accorgono che il camino del salone è acceso e lo stomaco diventa a tutte e tre un groviglio di filo spinato incandescente. Silvia lascia cadere la torcia ma nessuno di loro si muove per raccoglierla e in quel momento, sul bellissimo tappeto rosso persiano al centro della stanza, di fronte al camino c'è lui, è veramente lui. Alto, magro, con i pantaloni di pelle nera talmente morbida da lasciarti immaginare che siano fatti di pelle umana, la camicia bianca di taglio sobrio e classico. Sono i capelli a colpire tutte e tre, perchè molto molto più lunghi di quelli visti nelle ultime foto negli ultimi momenti di vita, lui senza voltarsi chiede loro:

"Ma voi siete reali? Mi vedete?" Sele, la più razionale di tutto il gruppetto, fa qualche passo in avanti per avvicinarsi alla schiena dell'uomo, certa che se fosse stato un sosia era veramente somigliante. Il fuoco si faceva più vivo e scoppiettante:
"Chi sei?" chiese Sele con i piedi per terra, consapevole del fatto che lui era morto, Ari e Silvia le si avvicinano mettendosi una a destra e l’altra a sinistra.

 

L'uomo si voltò, era davvero lui, era lui in carne ed ossa, era incredibile che fosse proprio lì con i suoi grandi occhi neri, il suo nasino frutto di un accurato lavoro estetico, i suoi riccioli neri e morbidi ben pettinati. Una cosa evidente le colpì come uno schiaffo, la pelle di lui non era lunare come nelle ultime fasi della vitiligine, bensì di un bel colorito afro americano e non sembrava subisse tracce di nessuna malattia.
"E' impossibile" disse Silvia, avanzando tremante verso di lui.
"Ti prego ti posso spiegare ma promettetemi di non urlare e di non svenire" Era un’impresa… pensarono le ragazze all'unisono, ma mantennero un’aria composta e decorosa come lui aveva gentilmente chiesto. Lui fece loro cenno di sedersi sul comodo divano, lo fecero e lui si mise seduto sulla poltrona e pigiò i gomiti su due cuscini:
"Voi ricorderete senza ombra di dubbio l'incidente che io ebbi girando lo spot per la Pepsi giusto?" Le ragazze annuirono senza proferir parola.
"Bene quel giorno mi portarono al reparto ustionati, ero sdraiato su una barella ero veramente dolorante, ad un certo punto nella stanza, come dal nulla, apparve un uomo con un impermeabile e un cappello. Io lo guardai strabiliato perchè non capivo ne chi è era nè tanto meno come aveva fatto ad eludere il mio servizio di sicurezza. Quell’uomo mi disse di chiamarsi John Titor, mi elencò alcuni avvenimenti drammatici e incredibili che ci sarebbero stati nella mia vita e poi mi disse che se volevo salvarmi, dovevo fidarmi di lui e andarmene per sempre. Io rimango un attimo in silenzio ma poi ci ragiono su e capisco che lui sa troppi particolari per mentire. Appena allungai le mani per stringere le sue una luce d'oro ci avvolse, la mia ferita guarì all'istante e i miei capelli all'improvviso diventarono molto molto lunghi, mi allontanai dalla stanza senza che nessuno mi vedesse, io stesso vedevo sulla barella uno come me che rimaneva lì a farsi curare. Fino ad oggi ho vissuto una vita piena e felice con tanti successi, ho inciso molti album tra cui ‘The truth’, il più bello secondo me. Da quando però sono morto in quell'altra vita, non faccio altro che essere risucchiato in questa da una stranissima forza che non so da dove provenga, un attimo fa ero nella mia camera da letto a godere dei successi di ‘The truth’ e un attimo dopo vi ho viste in giardino e ho capito che era di nuovo successo quello strano viaggio, insomma vado e vengo senza volerlo ecco."

Le ragazze erano talmente imbambolate che lui non potè fare a meno di ridere:

"Io ho bisogno di incontrare quell'uomo capite? Ho bisogno del suo aiuto." Sele mandò giù il nodo che le ostruiva la gola e gli chiese:
"Cosa possiamo fare per aiutarti?"

Le ragazze erano totalmente rapite dall'essere umano che era e che tutti avrebbero dovuto conoscere. All'improvviso però il fuoco si spense e la stanza ripiombò nel freddo, lui non c'era più e dalla porta della cucina da dove erano entrate, si accese una luce e una voce disse:
"State immobili e mettete bene le mani in vista così nessuno si farà male." Le ragazze vennero strappate da quel sogno meraviglioso e gli uomini della sicurezza piombarono nel salone con le pistole spianate.
"Ragazze ma vi rendete conto di quello che avete fatto vero?" Loro, ancora intontite dall'incontro e dal suo profumo, quasi non risposero.
"Hei ma state bene? Che avete visto un fantasma?"

La parola fantasma le richiamò alla verità, probabilmente avevano avuto un'allucinazione collettiva. Ari aveva studiato spesso i fenomeni della mente e sapeva che queste cose potevano accadere più facilmente di ciò che si pensa.
"Ok ok ho capito, venite fuori senza fare storie e non vi accadrà nulla."

Le ragazze rassegnate si alzarono e si misero in fila indiana pronte per uscire, quando arrivarono alla fine del salone Silvia si voltò e vide un piccolo filo di fumo salire dal camino verso l'alto, guardò la poltrona e i cuscini dove Michael aveva poggiato i gomiti, ancora ne portavano la forma e mentre andavano via disse ad Ari e Sele :
"I fantasmi non lasciano di certo le pieghe sui cuscini quando ci si poggiano!!"

Le tre ragazze si fermarono, guardando il salone prima di uscire e ripensando a Michael che le aveva chiesto aiuto.
"Ragazze non fatemi perdere tempo per favore con le stupidagini da fan, qui non c'è nessun fantasma". Ma l'uomo chiaramente mentiva, Ari studiava da sempre la psiche umana, il linguaggio del corpo e la mimica del viso, ed era praticamente certa che l'uomo stesse deliberatamente mentendo.

Silvia Mizzon

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